Queneauchallege/Esercizi di stile: 45, Fumetto

Come qualcuno avrà già intuito, questo è un altro esercizio che nella versione originale non appare. Tuttavia non credo che Queneau si potrebbe mai arrabbiare se violo qualche regola, non ce lo vedo, e quindi di sperimentazioni ne vedrete sempre di più. In realtà si potrebbe fare un’intero progetto di “Esercizi di stile” focalizzandosi solo sulla narrativa visiva, ma non volevo sforare a sto modo, volevo più che altro vedere in che modo l’immagine avrebbe potuto dialogare con gli esercizi precedenti. Il fumetto è una delle forme d’arte più incredibili che esistano, anche perchè essendo relativamente recente ci lascia ancora spazio per sperimentare. Sono cresciuta a pane e lucca comics grazie a mio padre e quello snobismo di certi ambienti culturali verso il fumetto non l’ho mai inteso tanto bene. Se nel 2015 Zerocalcare non fosse arrivato secondo al Premio Strega Giovani ci sarebbe ancora una categoria di pigne verdi che reitera il mantra del lowbrow. “Ma non è un fumetto, è una graphic novel” “è leviosa e non leviosaa”.

Comunque, questo esercizio vuole essere un omaggio al fumetto e un suggerimento per chi è alla ricerca di esercizi di scrittura creativa. Visualizzare in vignette quello che stai per scrivere, farne uno schizzo, ti fa rielaborare i diversi livelli di informazione. Io mi sono accorta già da tempo che la mia fissa per la scrittura è direttamente proporzionale allo sviluppo di film mentali. Pensare per immagini invece che per sequenze è un esercizio molto interessante, quasi come scrivere per il teatro, perchè hai una cornice più o meno precisa. Fatelo e non soffrirete più il blocco dello scrittore. Se volete saperne di più su come nasce il fumetto, come interagisce con la parola, quanti tipi di nuvolette ci sono e come i rumori e il passare del tempo vengano resi puri simboli vi consiglio uno dei fumetti più fighi che mi sia mai capitato per le mani, un cult del metafumetto: “Capire il fumetto: L’arte invisibile” (originale “Understanding Comics: the invisible art”) di Scott McCloud che fino a poco fa era disponibile in ebook per UN EURO.

Questo omaggio al fumetto vuole però essere anche un omaggio a chi lo fa. Per questo al posto di rifilarvi i miei disegnini senza faccia (ma sono ancora in tempo attenzione), ho commissionato la faccenda a qualcuno che col fumetto ci mangia. Nonostante la carta sia molto difficile da digerire, come il sistema editoriale e il capitalismo e i nomask, c’è gente là fuori che combatte tutti i giorni per farci i fumetti. Grazie, voi. Grazie Nerilefou per aver collaborato con Muitoevoli!

Lascio ora all’artista spazio per presentarsi. Se vi piacciono le sue creazioni potete seguire il suo profilo su Instagram o comprare i suoi eleganti fumetti queer di cui mi sono innamorata io.

NERILEFOU

Nasco a Firenze il 01/02/1995 e una delle prime cose che imparo a fare è prendere in mano un pennarello nero e disegnare. Mia mamma quando non sapeva più come intrattenermi mi dava una risma di fogli bianchi e creavo le mie storie. Senza mai colorarle, però. Non mi piaceva colorare, ma siccome scelsi di frequentare il Liceo Artistico Leon Battista Alberti di Firenze mi toccò un pochetto imparare a farlo. Nel 2018 finii l’Università degli Studi di Firenze e mi portai a casa una laurea in Storia e Tutela dei Beni Archivistici e Librari. Volevo tuttavia continuare a raccontare e disegnare le mie storie, così come solevo fare negli anni della mia più tenera giovinezza, così mi iscrissi al corso di Fumetto alla TheSign Academy di Firenze. Nel 2019 esce il mio primo fumetto, Maximilien Blanc, edito da GonZo Editore. Nel 2020, anno oggettivamente funesto ma al tempo stesso pregno di eventi, inizio a collaborare col collettivo Ehm Autoproduzioni, con cui ho all’attivo un’altra opera a fumetti.

Queneauchallenge/Esercizi di stile: 44, Amelie

AMELIE

Alla ragazza piace svegliarsi di buonumore, osservare i panni dei vicini ondeggiare nell’ultimo sole di Agosto berlinese, shakerarsi il caffè nello shaker art nouveau fino a far venire la schiumina, andare a piedi scalzi per la casa, fare colazione con il pigiama ancora addosso. La ragazza ama ballare le canzoni della sua adolescenza, specie se a piedi nudi e in pigiama in attesa di shakerare il suo caffè. Le piace organizzarsi la giornata con i post it di tanti colori, scrivere frasi contro la gentrificazione sul frigorifero, raccogliere insetti morti per strada per le sue creazioni in resina, argomentare inutilmente contro i prolife e sostituire sempre più oggetti monouso in cimeli simbolici della sua esperienza con l’utile. La ragazza ama gli oggetti, ne ha tanti sparsi per la casa, e spesso quando tira l’aspirapolvere si chiede quante altre persone lo stiano facendo nello stesso momento. Non ha un ferro da stiro perché trova che i vestiti stropicciati ripecchino molto di più la sua onestà intellettuale. Abita a Berlino da quasi tre anni e ha imparato che i Dr. Martens bassi sono molto carini nei film pseudo surrealisti francesi, ma che non sopravvivono all’inverno tedesco. Alla ragazza piace lasciare due fili di insalata wakame nel frigo perché è peccato finire tutto il sushi in una sera sola, si fa regolarmente mandare Ciobar dall’italia perché non è in grado di accettare quella brodaglia che ti rifilano nella capitale europea e piange quando mangia le mozzarelle del sud. Alla ragazza piace usare il vibratore rosso assieme alle gifs in bianco e in nero, fare il pisolino dopo pranzo nel salotto arancione e quando va a teatro, una volta finito lo spettacolo, cerca sempre di trovare qualche biglietto cartaceo per terra perché solitamente ha solo tempo per comprarli online. Le piace quando i teatri sono rossi, con le tende in velluto. Lavorava per qualche tempo in un museo molto simile ad un teatro, dove la cassetta per le offerte era mezza bucata. Alla ragazza piaceva aspettare che qualche euro cadesse per poi custodirlo fino all’entrata della metro dove lo avrebbe donato al primo senza tetto della zona. Emanuel era il suo preferito, anche lui amava gli oggetti, li venerava in quella maniera così delicata e poetica, tutti stipati nel suo carrello della spesa di Edeka. Alla ragazza piace ricordarsi particolari insignificanti, concentrarsi sulle cose come se non fosse stata lei stessa a viverle. Alla ragazza piace definirsi, a volte, una terza persona. Questa persona, fra i vari oggetti sparsi per il pavimento, in casa aveva anche l’amore della sua vita. Al ragazzo piacevano le stampanti funzionanti, gli strumenti musicali molto grossi, suonare quando la vicina dorme, mettere i pinoli sopra qualsiasi sugo di pasta e azzeccare la dose giusta di mirtilli per i suoi wafer mattutini. Alle volte il caffè lo shakeravano assieme, ma quella mattina c’era vento di fretta. E quindi avviciniamoci con un primo piano sulla ragazza che sta ballando i CCCP. Dalla sua risata deduciamo che è felice, ma come tutte le cose, anche la felicità ha i suoi contesti. Tra le piccole cose che si susseguono nella testa della ragazza, come se venissero dettate da una voce fuori campo, improvvisamente vengono le cose tristi. Mentre il ragazzo si sistema veloce per fuggire alle prove della sua band di musica folkloristica araba, lei cade a terra. Nella confusione è inciampata su un marsupio. Da terra, lo prende in mano e si fa largo fra i volantini contro le morti nel Mediterraneo, riuscendo miracolosamente a non tagliarsi con la carta. La ragazza è un oggetto fragile, ma ti quelli resilienti. Si rialza. Sposta qualche volantino e si mette davanti al pc. La verità è che non scrive abbastanza. Ha un piccolo diario della gratitudine ma a volte sente che non ha molto di cui essere grata e si sente in colpa per questo. La sua segreta passione per la scrittura è così segreta che lo sanno tutti, non fa che ripeterlo da quando aveva sei anni ma è una cosa, in qualche modo, segreta. Si riunisce spesso in segreto con altre persone che scrivono in inglese, in un giardino pieno di coccinelle morte. Qualcuno le ha messo in testa di scrivere un blog ma lei continua a vedere solo i mi piace di sua madre, non ha i soldi per un piano business di WordPress e non ha abbastanza tempo per sviluppare una strategia SEO senza finire in burn out. Suo padre è un po’ come quello del film mentre sua sorella sta girando il mondo con un riccio di peluche e le manda regolarmente cartoline che lei tiene appese sopra la scrivania. Quando pensa alle infinite possibilità del momento che sta vivendo, si accorge di averlo perso. Alla ragazza piace stare in solitudine ma odia stare da sola. Sembra che il pianoforte la osservi, il riflesso della finestra anche e che le ripetano in coro, assieme alla sua terapista, che sta per somatizzare di nuovo. Si alza senza aver combinato molto, osserva attentamente il marsupio nero con la scritta rosa. “Si vive meglio senza i nazisti”. Perché il punto è quello, che il sensibile non è solo una serie di piccoli piaceri quotidiani ma anche una lista di infiniti, improvvisi, inutili, traumi.