Queneauchallege/Esercizi di stile: 45, Fumetto

Come qualcuno avrà già intuito, questo è un altro esercizio che nella versione originale non appare. Tuttavia non credo che Queneau si potrebbe mai arrabbiare se violo qualche regola, non ce lo vedo, e quindi di sperimentazioni ne vedrete sempre di più. In realtà si potrebbe fare un’intero progetto di “Esercizi di stile” focalizzandosi solo sulla narrativa visiva, ma non volevo sforare a sto modo, volevo più che altro vedere in che modo l’immagine avrebbe potuto dialogare con gli esercizi precedenti. Il fumetto è una delle forme d’arte più incredibili che esistano, anche perchè essendo relativamente recente ci lascia ancora spazio per sperimentare. Sono cresciuta a pane e lucca comics grazie a mio padre e quello snobismo di certi ambienti culturali verso il fumetto non l’ho mai inteso tanto bene. Se nel 2015 Zerocalcare non fosse arrivato secondo al Premio Strega Giovani ci sarebbe ancora una categoria di pigne verdi che reitera il mantra del lowbrow. “Ma non è un fumetto, è una graphic novel” “è leviosa e non leviosaa”.

Comunque, questo esercizio vuole essere un omaggio al fumetto e un suggerimento per chi è alla ricerca di esercizi di scrittura creativa. Visualizzare in vignette quello che stai per scrivere, farne uno schizzo, ti fa rielaborare i diversi livelli di informazione. Io mi sono accorta già da tempo che la mia fissa per la scrittura è direttamente proporzionale allo sviluppo di film mentali. Pensare per immagini invece che per sequenze è un esercizio molto interessante, quasi come scrivere per il teatro, perchè hai una cornice più o meno precisa. Fatelo e non soffrirete più il blocco dello scrittore. Se volete saperne di più su come nasce il fumetto, come interagisce con la parola, quanti tipi di nuvolette ci sono e come i rumori e il passare del tempo vengano resi puri simboli vi consiglio uno dei fumetti più fighi che mi sia mai capitato per le mani, un cult del metafumetto: “Capire il fumetto: L’arte invisibile” (originale “Understanding Comics: the invisible art”) di Scott McCloud che fino a poco fa era disponibile in ebook per UN EURO.

Questo omaggio al fumetto vuole però essere anche un omaggio a chi lo fa. Per questo al posto di rifilarvi i miei disegnini senza faccia (ma sono ancora in tempo attenzione), ho commissionato la faccenda a qualcuno che col fumetto ci mangia. Nonostante la carta sia molto difficile da digerire, come il sistema editoriale e il capitalismo e i nomask, c’è gente là fuori che combatte tutti i giorni per farci i fumetti. Grazie, voi. Grazie Nerilefou per aver collaborato con Muitoevoli!

Lascio ora all’artista spazio per presentarsi. Se vi piacciono le sue creazioni potete seguire il suo profilo su Instagram o comprare i suoi eleganti fumetti queer di cui mi sono innamorata io.

NERILEFOU

Nasco a Firenze il 01/02/1995 e una delle prime cose che imparo a fare è prendere in mano un pennarello nero e disegnare. Mia mamma quando non sapeva più come intrattenermi mi dava una risma di fogli bianchi e creavo le mie storie. Senza mai colorarle, però. Non mi piaceva colorare, ma siccome scelsi di frequentare il Liceo Artistico Leon Battista Alberti di Firenze mi toccò un pochetto imparare a farlo. Nel 2018 finii l’Università degli Studi di Firenze e mi portai a casa una laurea in Storia e Tutela dei Beni Archivistici e Librari. Volevo tuttavia continuare a raccontare e disegnare le mie storie, così come solevo fare negli anni della mia più tenera giovinezza, così mi iscrissi al corso di Fumetto alla TheSign Academy di Firenze. Nel 2019 esce il mio primo fumetto, Maximilien Blanc, edito da GonZo Editore. Nel 2020, anno oggettivamente funesto ma al tempo stesso pregno di eventi, inizio a collaborare col collettivo Ehm Autoproduzioni, con cui ho all’attivo un’altra opera a fumetti.

Queneauchallenge/Esercizi di stile: 44, Amelie

AMELIE

Alla ragazza piace svegliarsi di buonumore, osservare i panni dei vicini ondeggiare nell’ultimo sole di Agosto berlinese, shakerarsi il caffè nello shaker art nouveau fino a far venire la schiumina, andare a piedi scalzi per la casa, fare colazione con il pigiama ancora addosso. La ragazza ama ballare le canzoni della sua adolescenza, specie se a piedi nudi e in pigiama in attesa di shakerare il suo caffè. Le piace organizzarsi la giornata con i post it di tanti colori, scrivere frasi contro la gentrificazione sul frigorifero, raccogliere insetti morti per strada per le sue creazioni in resina, argomentare inutilmente contro i prolife e sostituire sempre più oggetti monouso in cimeli simbolici della sua esperienza con l’utile. La ragazza ama gli oggetti, ne ha tanti sparsi per la casa, e spesso quando tira l’aspirapolvere si chiede quante altre persone lo stiano facendo nello stesso momento. Non ha un ferro da stiro perché trova che i vestiti stropicciati ripecchino molto di più la sua onestà intellettuale. Abita a Berlino da quasi tre anni e ha imparato che i Dr. Martens bassi sono molto carini nei film pseudo surrealisti francesi, ma che non sopravvivono all’inverno tedesco. Alla ragazza piace lasciare due fili di insalata wakame nel frigo perché è peccato finire tutto il sushi in una sera sola, si fa regolarmente mandare Ciobar dall’italia perché non è in grado di accettare quella brodaglia che ti rifilano nella capitale europea e piange quando mangia le mozzarelle del sud. Alla ragazza piace usare il vibratore rosso assieme alle gifs in bianco e in nero, fare il pisolino dopo pranzo nel salotto arancione e quando va a teatro, una volta finito lo spettacolo, cerca sempre di trovare qualche biglietto cartaceo per terra perché solitamente ha solo tempo per comprarli online. Le piace quando i teatri sono rossi, con le tende in velluto. Lavorava per qualche tempo in un museo molto simile ad un teatro, dove la cassetta per le offerte era mezza bucata. Alla ragazza piaceva aspettare che qualche euro cadesse per poi custodirlo fino all’entrata della metro dove lo avrebbe donato al primo senza tetto della zona. Emanuel era il suo preferito, anche lui amava gli oggetti, li venerava in quella maniera così delicata e poetica, tutti stipati nel suo carrello della spesa di Edeka. Alla ragazza piace ricordarsi particolari insignificanti, concentrarsi sulle cose come se non fosse stata lei stessa a viverle. Alla ragazza piace definirsi, a volte, una terza persona. Questa persona, fra i vari oggetti sparsi per il pavimento, in casa aveva anche l’amore della sua vita. Al ragazzo piacevano le stampanti funzionanti, gli strumenti musicali molto grossi, suonare quando la vicina dorme, mettere i pinoli sopra qualsiasi sugo di pasta e azzeccare la dose giusta di mirtilli per i suoi wafer mattutini. Alle volte il caffè lo shakeravano assieme, ma quella mattina c’era vento di fretta. E quindi avviciniamoci con un primo piano sulla ragazza che sta ballando i CCCP. Dalla sua risata deduciamo che è felice, ma come tutte le cose, anche la felicità ha i suoi contesti. Tra le piccole cose che si susseguono nella testa della ragazza, come se venissero dettate da una voce fuori campo, improvvisamente vengono le cose tristi. Mentre il ragazzo si sistema veloce per fuggire alle prove della sua band di musica folkloristica araba, lei cade a terra. Nella confusione è inciampata su un marsupio. Da terra, lo prende in mano e si fa largo fra i volantini contro le morti nel Mediterraneo, riuscendo miracolosamente a non tagliarsi con la carta. La ragazza è un oggetto fragile, ma ti quelli resilienti. Si rialza. Sposta qualche volantino e si mette davanti al pc. La verità è che non scrive abbastanza. Ha un piccolo diario della gratitudine ma a volte sente che non ha molto di cui essere grata e si sente in colpa per questo. La sua segreta passione per la scrittura è così segreta che lo sanno tutti, non fa che ripeterlo da quando aveva sei anni ma è una cosa, in qualche modo, segreta. Si riunisce spesso in segreto con altre persone che scrivono in inglese, in un giardino pieno di coccinelle morte. Qualcuno le ha messo in testa di scrivere un blog ma lei continua a vedere solo i mi piace di sua madre, non ha i soldi per un piano business di WordPress e non ha abbastanza tempo per sviluppare una strategia SEO senza finire in burn out. Suo padre è un po’ come quello del film mentre sua sorella sta girando il mondo con un riccio di peluche e le manda regolarmente cartoline che lei tiene appese sopra la scrivania. Quando pensa alle infinite possibilità del momento che sta vivendo, si accorge di averlo perso. Alla ragazza piace stare in solitudine ma odia stare da sola. Sembra che il pianoforte la osservi, il riflesso della finestra anche e che le ripetano in coro, assieme alla sua terapista, che sta per somatizzare di nuovo. Si alza senza aver combinato molto, osserva attentamente il marsupio nero con la scritta rosa. “Si vive meglio senza i nazisti”. Perché il punto è quello, che il sensibile non è solo una serie di piccoli piaceri quotidiani ma anche una lista di infiniti, improvvisi, inutili, traumi.

#queneauchallenge #esercizidistile #no-cioè #43

No-cioè raga non potete capì. Questa si alza e si mette a ballare. Ma così, eh, mica per un motivo. Pare una roba di Tik Tok e invece è proprio di fuori. Che la gente a Berlino è strana beh ma così. No-cioè, si alza, balla e va in salotto come se niente fosse. No-cioè, non so se fa colazione ma no, cioè in pijama. Ma lo sapete che vuol dire ballare in pijama? Sfi-ga-ta.No-cioè il salotto è un casino che non vi potete neanche immaginare. Pieno di roba per terra. No-cioè pure i volantini che saran lì da non so quanto. Il tizio invece, no-cioè raga peggio. Sta lì ad incazzarsi con la stampante come se fosse una persona. No-cioè concio a bestia pure questo. Deve stampare delle robe, fa dei versi strani. E poi, no-cioè questo raga è tipo il top del top, è tipo la corona del Burger King, è la tipa che no-cioè inciampa. Fa un volo da Paperissima, una figura di merda colossale, no-cioè. Bassina e magrina ma un botto eh, no-cioè, non sapete quanto ci ho riso. Non avete idea. Su un marsupio, no-cioè un marsupio politico, una roba con su scritto “No-cioè i nazi no però”. Poraccia che poi magari si è fatta pure male non lo so. No-cioè e poi lui che fa? Sbatte la porta e esce. Mi pareva in pijama ma non lo so come si veste sta gente che si atteggia. Ho fatto qualche foto e l’ho postata su Snap anche se ormai non lo usa più nessuno. Madò che ridere. E lei sta lì e pare che no-cioè, davvero? Pare che le pigli male. Un lo so che cacchio c’entra ma le piglia male si vede. No-cioè e quindi va su Facebook che dai via Facebook è da vecchi. Sta lì e guarda che l’ha likata solo su madre. Che roba patetica no-cioè. E poi che ti fa? No-cioè si ferma e si mette a guardà la finestra. No, cioè è estate a Berlino e questa si deprime al pc. Apre dei file scritti lunghi e non tocca la tastiera, no-cioè raga questa ha ancora l’agenda! Dice sta a fà una challege. Controlla qualcosa e poi si mette veloce le scarpe e esce. No-cioè, io ste cose mica le voglio vedere. Mi pare di perdere il mio tempo con ste storielle depresse out. No-cioè che senso aveva? Spiegatemelo.

#quenauchallenge #esercizidistile #sincopi #42

SINCOPI

Lagazza si sveglia un po’ franata, con unana voglia di crareemuosi. Prende in mano il celllare, le cuffie e a tutto volme cocia ad atare i CCCP. Vole scarcare tutta qlla ergiaednza come una bacnteinestsi. Non stdio, non lavro, non gurdo la tv, non cmplto le parle. Mntre si cinta in questa attivtà solitanteestrana al suo ritale mattuno, mntre il sle di Agsto splnde dlla finstra del balcne, il suo razzo imprca cntro la stamte che nn sta fando il suo dvere. È smpre più spsso di frtta, e si riva a dover organzare gli sparti per la bnd all’ultmo minto. In qullo stesso minto la rgazza incimpa su un marspio e fa un bl tnfo nel saltto. Da qundo si sno trariti asseme la casa è pna di amreedicas. Da qundo in estte hanno parcipato ai bantti pr la sensilizzazione sul tma mgrazioniemediterrano, sono rimsti a trra tansimi vlantini e gadget. Il marspio è uno di qusti, è mlto carno, nro con una scritta rsa: “Si vve meglio senza i nazsti”. La sctta è in tedsco perché ci trovmo a Brlino. Nel mzzo di quste presazioniggrafiche un po’ intili, il razzo se ne è andto sbatndo la prta. La razza, dalla sa nova protiva, si chiede se l’incimpare su quell’ogtto aba un qulche signicato simblico. Crca lo Zitgist ma quello è cme le rezioni stali, mntre lo crchi non lo trovi, poi un grno dal nlla ti acrgi che ci sei, si al scuro, nel to essere contemraneo. Acnde il pc, dice smpre che non ha iltmpoperscrire mentre in raltà è che non ha la tsta. Si snte spsso sla, anche se non pssa molto tempo da sla, è una soltudinestrna, che fonde la mannza alla potica. Si arrbbia spsso e non sa se la gnte che le conglia di aprre un blg sia in buna fde o mno. Ma le pice scrvere, qunto a sa mdre pace likrla da lonno. Mmmamimnca, dirà di lì a pco alla psiloga che la sgue, snza comnque mi raggerla del tutto.

#queneauchallenge #esercizidistile #aferesi #41

AFERESI

La gazza si glia n po’ stornata, con na na glia di creare e muoversi. Prende n no l lulare, le fie e a utto lume mincia d scoltare i CCP. Vuole ricare ta la nergia e danza me na cante in stasi. Non dio, non avoro, non guardo la tv, non nizio le role. Mentre si menta n questa tività litamente stranea l suo tuale mattutino, mentre l le di gosto splende la nestra del cone, l suo gazzo mpreca contro la stampante che non sta cendo l suo vere. È sempre più so di ta, e si ritrova a dover ganizzare gli titi per la band l’ltimo nuto. n lo stesso nuto la gazza ciampa su n supio e fa n bel fo nel lotto. Da do si no sferiti sieme la sa è piena di more e di caos. Da do n state no tecipato i chetti per la sibilizzazione sul ma grazioni e diterraneo, no masti a ra tissimi lantini e gadget. l supio è no di sti, è molto carino, nero con na scritta sa: “Si ve glio senza i zisti”. La scritta è n desco perché ci viamo a lino. Nel mezzo di queste cisazioni geografiche n po’ nutili, l gazzo se ne è ndato tendo la ta. La gazza, dalla sua nuova spettiva, si chiede se l’ciampare su l’getto bbia n che gnificato bolico. ca lo Zeitgeist ma lo è me le lazioni bili, tre lo chi non lo rovi, poi n no dal nulla ti corgi che ci sei, sei l curo, nel tuo sere temporaneo. cende l pc, ce sempre che non ha l po per vere mentre n realtà è che non ha la sta. Si sente spesso sola, nche se non sa molto po da la, è na litudine strana, che de la canza la litica. Si rabbia spesso e non sa se la gente che le siglia di prire un blog sia in na fede o no. Ma le piace vere, quanto a sua dre piace likarla da tano. ma mi nca, rà di lì a co la cologa che la segue, senza munque mai giungerla del to.

#Queneauchallenge #esercizidistile #apocopi #40

APOCOPI

L ragazz s svegli un po’ frastorna, con un stran vogli di crea e muov. Prend in man il cellula, le cuffi e a tut volum comin ad ascolta i CCCP. Vuol scarica tutt quell energi e danza com un baccan in estas. Non studi, non lavor, non guar l tv, non finisc l parol. Mentr s ciment in quest attivit solitamen estrane al su ritual mattuti, mentr il sol di Agost splend dal finestr de balcon, i su ragazz imprec contr l stampan che non sta facen il su dover. È sempr più spess di frett, e si ritrov a dove organizza gli spartit pe la band all’ultim minu. In quell stess minut l ragazz inciamp su un marsupi e fa un bel tonf ne salot. D quand si so trasferi assiem la cas è pie d amor e d caos. D quand in estat han partecipa a banchet pe la sensibilizzazio su tema migrazio e mediterrane, so rimast a terr tantiss volantin e gadget. I marsupi è un d quest, è molt carin, ner con un scritt ros: “S viv megl senz i nazi”. L scritt è in tedesc perché c trovia a Berlin. Nel mezz d quest precisazio geograf un po’ inutil, i ragazz s n è andat sbatten l port. L ragazz, dall su nuov prospetti, s chied s l’inciampa s quell’ogget abbi un qualch significa simbolic. Cerc l Zeitgeist ma quel è com l relazion stabil, mentr l cerch non l trov, po un gio da nul t accor che c sei, se al sicur, nel tu esse contempora. Accend i pc, dic sempr che non ha i temp pe scrive mentr in real è che non ha l test. S sent spess sol, anch s non pas molt temp d sol, è un solitudi stran, che fond la mancan all politic. S arrabb spess e non sa se l gent che l consigli d aprir un blog sia in buon fed o men. Ma le piac scriv, quant a su madre piac likarl da lonta. Mamm m manch, dirà d l a po al psicolog che l segue, senz comunq mai raggiunger de tut.

#Queneauchallenge #esercizidistile #Poliptoti #38

POLIPTOTI

La ragazza si sveglia protestando e corre in salotto, tappezzato da volantini di protesta. Nonostante la protesta, c’è il sole ad Agosto a Berlino e la protestatrice- protestatrice non è protestante eh, è agnostica- balla i CCCP. “Non studio, non lavoro, non protesto, non guardo la tv”. Mentre la musica la guida in movimenti scoordinati, il suo ragazzo protesta nell’altra stanza contro la stampante. Ha fretta, è la protesta dei giovani che ne vogliono fare troppe, o che ne devono fare alcune solo e soltanto per i soldi. I volantini di protesta vengono da un banchetto estivo per i diritti delle persone che si trovano ad attraversare il Mediterraneo in maniera illegale. Mentre si dimena, la protestatrice non si accorge che oltre ai volantini c’è anche un marsupio nero a terra e per protesta ci inciampa. In realtà non per protesta, ma per disattenzione. Sopra c’è scritto “Si protesta meglio senza nazisti” o “Si vive meglio senza i nazisti”. La verità è che tra vita e protesta ci sta al momento un intero (qualcuno qui, protestando, dirà “non può essere un intero!”)  Zeitgeist.  Ma chi non protesta non lo sa. Il ragazzo corre via, sbattendo la porta. Senza protestare troppo, la ragazza si rialza e va al pc dove articoli di protesta le brillano sulla homepage. “Un blog di protesta!” esclama dentro di sé, pensando a tutti quelli che continuano a dirle che dovrebbe aprire un blog per protestare meglio. Scrivere sta fra il protestare e il vivere, dà corpo allo spirito del tempo in protesta. Non vuole che si protesti soli. Che ci bastino i mi piace materni, che siano link distaccati. Deve essere una terapia, questa protesta, per le vite di quelli che con tutto il vivere fanno protesta.  Contro quelli che porcapigna se vedo un’altra volta l’hashtag con “tutte le vite importano” mi importa una sega vi tiro una di quelle proteste altro che linguaggio poetico che tanto magari manco ci arrivate.

#BLM

#queneauchallenge #esercizidistile #canzone #37

CANZONE

La fanciulla si sveglia

col sole di Berlino

ed una strana voglia

di ballare un casino.

Non studia, non lavora, non guarda la tv.

Vorrebbe sempre scrivere

ma a volte è troppo giù.

E mentre dice questo

si sente un po’ mancare,

veloce su un marsupio scivolare

che da uno sfondo nero dice mesto:

“Il vivere è migliore

Senza svastiche e aguzzini”

Ed ella si fa onore

Rialzandosi in calzini.

Il compagno d’altro lato

fallendo lo stampare,

corre via arrabbiato

mettendosi ad urlare.

La fanciulla si sveglia

col sole di Berlino

ed una strana voglia

di piangere un casino.

Lì sola la si vede

del nulla lamentarsi.

Al materno mi piace

è breve l’aggrapparsi.

La nostalgia non c’è,

la terapia è l’illusione

e si fa presto a dire

se questa è una canzone.

In fondo della metrica

si riesce a farne senza.

Ciò che non può mancare

è ora e sempre Resistenza.

#queneauchallenge #esercizidistile #imperfetto #36

IMPERFETTO

Si svegliava la ragazza, ogni mattina. Si svegliava col sole in fronte e la voglia di ballare, a volte. Si metteva le cuffie in testa e iniziava a muoversi sulle note dei CCCP. Non studiava, non lavorava, non guardava la tv ma inciampava. Inciampava in quelle sorti assidue ed insidiose che la vita le poneva di fronte, e sui marsupi. “Si viveva meglio senza i nazisti” c’era scritto sopra l’ostacolo.  L’imperfezione era la bellezza della giornata, l’errore la speranza che mancava per completare il tutto. Il ragazzo si lamentava, la stampante non funzionava ma la luce di quell’Agosto Berlinese soleggiava. Nel salotto l’entropia danzava, i volantini in terra li lasciava, la polvere imperversava. La ragazza oscillava le braccia nella sua danza della realtà. (Lo Zeitgeist che la osservava, da una comoda parentesi, e se la rideva). Capitolava al suolo, capitombolava sulla moquette. Così era se ci si alzava con quella frizzante energia di arte. Il ragazzo ancora si lamentava, doveva stampare e poi se ne andava, sbatteva la porta e rincorreva la produzione della giornata. Aveva le prove. Cosa erano le prove se non un bellissimo imperfetto? Era sola adesso e si sentiva mancare. Mancava cosa? Tentava di scrivere, di riempire con le parole il vuoto, si argomentava realtà parallele ma si sentiva comunque mancare. Succedeva spesso che le suonassero le orecchie e allora era l’altro, o che le facesse male la pancia, allora era lei. La mancanza, l’imperfetto, si dileguava a volte con dei mi piace di sua madre che leggeva le sue disperate odi, con qualcuno che leggermente la baciava sul viso prima di sbattere la porta o con le parole di sconosciuti specialisti.  L’imperfetto era la paura, l’unico tassello mancante all’esserci, ma era anche la leggiadria dell’ignoto, la domanda a scelta multipla, l’ultima figurina per completare la crisi. Si guardava le mani che scorrevano veloci sulla tastiera abbracciando ogni typo con un panico barocco  come quello di Achille che cercava Patroclo, come quello dell’imperfetto che  cercava di abbracciare il presente.

#queneauchallenge #esercizidistile #quarantena #35

QUARANTENA

La ragazza si svegliò con un leggero mal di gola e una ormai sempre più frequente astenia. Cercò di ingollare la propria saliva e si rese conto che non era di certo grave. Quello che non avrebbe mai potuto sapere è se fosse o meno coronavirus. L’Agosto Berlinese era solare e tutti pensavano che avrebbe di lì a poco sconfitto la pandemia. Provò a muovere le gambe per vedere quante energie aveva. Anche se non poteva uscire di casa, poteva sempre ballare in salotto. Prese il cellulare e le cuffie e iniziò a muoversi sui CCCP. Non studio, non lavoro, non guardo la tv…ehm, in realtà le avevano dato l’home office e quando il VPN funzionava poteva portare il pane in casa. Le Università non avevano ancora riaperto e non aveva ancora ricevuto una valutazione per l’ultimo Hausarbeit sulla questione Migrazione nel Teatro Contemporaneo italiano. Non sapeva se il professore fosse morto, grande luminare purtroppo in fascia molto a rischio, ma sperava di no o avrebbe dovuto rimandare la sua laurea. L’egoismo dilagava da un pezzo, tutto era cominciato quando la gente aveva iniziato a nutrirsi di carta igienica. Erano diventati tutti dell’Afd e della Lega. Homo Homini Lupus, delle vere facce di merda. Qualcuno si era dato alla macchia ed era stato ritrovato nella foresta nera congelato di fronte all’ultimo esemplare di fornellino da camping ordinato con Amazon Prime. Il salotto era ancora cosparso di volantini anticapitalisti, ma ormai era tardi, il capitalismo aveva portato le mascherine usa e getta a costare 100 euro l’una e quelli senza assistenza sanitaria erano morti in casa, ma almeno circondati dai propri cari. La quarantena persisteva e la ragazza aveva già scritto un romanzo e un’altra raccolta di poesie, le sue piante stavano benissimo e la casa era abbastanza pulita e in ordine, sicuramente di più del periodo precedente. Non studio, non lavoro, non guardo la tv. La tv non la avevano mai avuta, ma col pc avevano accesso alla solidarietà digitale e a molti più bei film a scrocco del solito. Lo streaming illegale era praticamente divenuto inutile. Purtroppo i social continuavano con teorie complottiste ma lei aveva imparato a silenziare i deficienti ( senza levar loro l’amicizia) e alternava fasi di panico a fasi di profondo sviluppo personale. Ad un tratto inciampò su un marsupio e si ritrovò con la faccia a terra. “ Si vive meglio senza i nazisti” c’era scritto. In effetti, tra i nazisti e il Covid 19 non sapeva bene quale scegliere, ma probabilmente un marsupio contro un virus non avrebbe avuto molto senso perché i virus non sanno leggere e non hanno morale mentre…. Si rialzò e corse a lavarsi le mani in bagno. Poi le disinfettò con l’ultima goccia di Sagrotan conservata per settimane. La moquette rappresenta la Wuhan dei pavimenti in caso non vi fosse chiaro. Nel frattempo il suo ragazzo, la cui tosse persisteva ormai da mesi, stava cercando di non sputare sulla stampante tenendo la faccia nascosta nel gomito. Fuori contesto qualcuno avrebbe potuto dire che stava danzando Gangnam Style. Doveva correre via di lì a poco per prendere la razione di verdure della settimana. Senza neanche un ciao, il ragazzo si infilò la penultima mascherina, i guanti da giardinaggio e uscì a fare provviste. Lei rimase sola, ad osservare lo striscione ormai lercio con su scritto #ichbleibezuHause che il vento continuava a riportarle dentro e non fuori il balcone. Io resto a casa. Si ricordò quando aveva desiderato per il suo compleanno molto più tempo per scrivere. Aveva soffiato sulle candeline un dover aver meno a che fare con la socialità, con questa FOMO di cui la gente non aveva  più finalmente il coraggio di parlare. Si sentì quasi in colpa, come se la pandemia l’avesse accesa lei spegnendo le sue 27 candeline. Ma un conto è sperare in una lunga vacanza in una baita in Svizzera, un conto è una pandemia. Forse la torta non aveva capito bene perché era tedesca. Si mise a scrivere al pc, le arrivò la notifica di alcuni mi piace di sua madre e le scese una lacrimuccia. Non la vedeva da quando avevano chiuso i confini ma almeno la sentiva tutti i giorni e sapeva che stavano tutti bene. Non vedeva l’ora di riabbracciarla per dirle: “Eh grazie alla quarantena spero che tu abbia finalmente avuto il tempo di leggere i miei esercizi di stile fino in fondo”. La psicologa la aspettava su Skype, a breve ci sarebbe stata la seduta settimanale in cui si sarebbe continuato il tema: “Le persone con disturbo di ansia generalizzato sono le migliori a gestire periodi di crisi perché a loro la vita è sempre parsa una continua ed esagerata emergenza”.